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L'incentivazione del risparmio a lungo termine

Il tradizionale scarso sviluppo nel nostro Paese degli strumenti di previdenza complementare rappresenta una reale minaccia al futuro benessere dei lavoratori di oggi.

 

di Alessandro Rota, Direttore Ufficio Studi Assogestioni

 

 

L'Italia è ancora un Paese di grandi risparmiatori? Rispondere a questa domanda, retorica solo all'apparenza, non è facile. Infatti, se da una parte le statistiche sull'ammontare e sulla distribuzione della ricchezza privata ci vedono ancora nelle prime posizioni tra le economie più sviluppate, dall'altra parte alcune evidenze empiriche segnalano come la capacità di risparmio delle famiglie italiane, storicamente molto elevata, sia andata progressivamente calando e, complice la crisi economica, sia ormai scesa sotto i valori di Francia e Germania, allineandosi a una poco rassicurante media europea del 12% circa del reddito disponibile (Figura 1).

 

eurostat
Figura 1 – Tassi di risparmio lordi delle famiglie. Periodo 1995 – 1° trimestre 2012. Fonte: Eurostat.

 

In un contesto in cui il risparmio è diventato una merce relativamente meno abbondante, diventa imperativo assicurare che la ricchezza sia impiegata al meglio, con il duplice fine di garantirne una redditività adeguata e sostenere la crescita della nostra economia. A tale proposito, è opinione diffusa che alcune caratteristiche della composizione della ricchezza privata - come ad esempio l'eccessivo peso dell'investimento immobiliare, la prevalenza di orizzonti troppo brevi nell'ambito dell'investimento finanziario o ancora la scarsa incidenza degli impieghi effettuati per il tramite degli investitori istituzionali - ne abbiano finora limitato la piena valorizzazione (Tavola 1).

 

Banca d'Italia, Eurostat, OCSE
Tavola 1 – Ricchezza netta, attività finanziarie delle famiglie in rapporto al reddito disponibile. Composizione delle attività finanziarie. Fonte: Banca d'Italia, Eurostat, OCSE.

 

Per le famiglie italiane si fa pertanto sempre più urgente il bisogno di "risparmiare meglio". Soprattutto nel contesto previdenziale e più in generale nelle scelte di lungo termine. Un contesto nel quale, per effetto del progressivo impoverimento delle prestazioni fornite dalla previdenza pubblica, le conseguenze di decisioni non ottimali (molto spesso, ad esempio, la scelta di non fare nulla) possono rivelarsi estremamente pregiudizievoli del benessere dei futuri pensionati.

A tale proposito è opportuno ricordare come la lunga serie d'interventi sul sistema previdenziale pubblico, che si sono succeduti a varie riprese nel corso degli ultimi quindici anni, avrà un duplice effetto nel medio e nel lungo termine. Da una parte, quello di riportare sotto controllo la spesa pensionistica in rapporto al PIL e di renderla quindi sostenibile anche nel lungo periodo; a questo proposito, gli interventi effettuati nel 2010 in materia di revisione periodica dei coefficienti di trasformazione, per adeguarli in maniera automatica alla speranza di vita, e i successivi interventi varati alla fine del 2011 hanno fornito un contributo fondamentale al contenimento della spesa prospettica (Figura 2).

 

Ragioneria Generale dello Stato
Figura 2 – Dinamica della spesa pensionistica in percentuale del PIL dopo le riforme del 2007, 2010 e 2011. Fonte: Ragioneria Generale dello Stato.

 

Dall'altra parte (e per converso), questi interventi determineranno una considerevole riduzione del tasso di sostituzione, cioè del rapporto tra ultimo stipendio e prima pensione, che i lavoratori appartenenti alle coorti meno anziane si potranno ragionevolmente attendere all'età del pensionamento (Figura 3¹ ).

 

 

Ragioneria Generale dello Stato
Figura 3 – Effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione sui tassi di sostituzione del I pilastro. Fonte: Ragioneria Generale dello Stato.

 

In questo contesto, il tradizionale scarso sviluppo nel nostro Paese degli strumenti di previdenza complementare, e più in generale degli investitori istituzionali, rappresenta una reale minaccia al futuro benessere dei lavoratori di oggi, purtroppo ancora troppo sottovalutata.

Da qui l'urgenza di una politica che riconosca un trattamento privilegiato al risparmio previdenziale e più in generale alle forme d'investimento di lungo termine, in virtù del loro evidente valore sociale, da attuarsi anche attraverso adeguati strumenti normativi che ne favoriscano lo sviluppo. Riguardo a questo tema, sono due gli interventi prioritari che l'associazione ha già da tempo ritenuto opportuno suggerire.

Il primo consiste nel rafforzamento e nella razionalizzazione del quadro disciplinare della previdenza complementare, che oggi, nonostante siano passati solo pochi anni dall'ultima importante riforma, risulta ancora troppo articolato e rappresenta un freno alla competizione, ponendo a volte seri ostacoli all'efficienza operativa delle forme previdenziali.

Il secondo intervento consiste nell'istituzione di uno specifico regime fiscale di favore per l'investimento del risparmio a lungo termine, sia che questo abbia natura prettamente previdenziale (accumulo per la vecchiaia) sia che venga realizzato con altre finalità non meno meritevoli (ad esempio a copertura delle spese per l'educazione dei figli).

L'esperienza dei Paesi in cui questa proposta è una realtà già da tempo (è il caso, ad esempio, degli Individual Savings Accounts – ISA nel Regno Unito o dei Plans d'Epargne en Actions – PEA in Francia) mostra chiaramente che i benefici derivanti dalle maggiori opportunità di rendimento per i propri risparmi si possono ben combinare con un'ampia dose di flessibilità delle possibilità di versamento o prelievo. Anche i risparmiatori italiani avrebbero così la possibilità di allocare i propri risparmi in un conto sul quale, superato un certo periodo (ad esempio 5 anni), potrebbero godere di un'aliquota agevolata. Il titolare di un simile conto sarebbe libero, all'interno, di diversificare al meglio i propri investimenti e di cambiare le proprie scelte iniziali purché, ai fini dell'aliquota agevolata, mantenga nel tempo l'ammontare dei suoi risparmi.

A differenza della previdenza pubblica e di quella complementare non si tratterebbe di una forma di risparmio forzoso ma, piuttosto, di un risparmio volontario agevolato. Una soluzione che andrebbe a completare la gamma di strumenti a disposizione delle famiglie per investire sul lungo periodo, offrendo nuove e interessanti prospettive di rendimento per i propri risparmi.

Tra le priorità attuali, nell'ambito della riedificazione politico-finanziaria che sta interessando l'Italia, oggi non può mancare una decisa azione di stimolo al risparmio di lungo termine. è infatti venuta l'ora che questo elemento, fondamentale per la crescita economica del nostro Paese e per la sua sostenibilità nel tempo, acquisisca centralità nel dibattito politico ed economico e trovi concrete politiche di incentivo e di protezione, in sintonia con il dettato della Costituzione che impegna lo Stato a incoraggiare e tutelare il risparmio.

 

 

¹ In questa figura non si tiene conto degli ulteriori effetti peggiorativi dei più recenti interventi approvati dal governo Monti, in particolare dell'estensione del sistema di calcolo contributivo pro-rata a tutti i lavoratori a partire dal 2012.

 

 

 

 

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